Intervista a Giovanni Falcone

Che lavoro ha svolto?

-Sono stato un magistrato italiano. Assieme ai colleghi e i miei amici Rocco Chinnici, Antonino Caponnetto e Paolo Borsellino, sono stato una delle personalità più importanti e prestigiose nella lotta alla mafia in Italia e a livello internazionale.

Com'era la vita a Palermo a quel tempo?

-Nacqui il 18 maggio 1939 a Palermo in via Castrofilippo, nel quartiere della Kalsa , lo stesso del magistrato Paolo Borsellino e di molti futuri mafiosi, come Tommaso Spadaro. Oltre 40 anni fa, io compresi che le mafie si apprestavano a varcare i confini italiani e, a quel punto, io teorizzai l'importanza della cooperazione giudiziaria internazionale. Inoltre anche la vita scolastica non fu semplice per la presenza di bullismo nei ragazzi fin da giovani. Purtroppo a Palermo (sede della mafia) adulti , cittadini e ragazzi non reagivano alla delinquenza. Decisi di diffondere nelle scuole le attività criminali e pericolose della mafia-

Che cos è il maxiprocesso?

-Ventidue mesi di udienze in un'aula bunker appositamente costruita in cemento armato, in grado di resistere anche ad attacchi missilistici e di dimensioni tali da poter contenere il gran numero di imputati e permettere ai giudici di lavorare in sicurezza. Alla sbarra il gotha di Cosa nostra. Gli imputati sono accusati di 120 omicidi, traffico di droga, estorsione e associazione mafiosa. Le prove più significative –pazientemente riscontrate –vengono dal collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta, il "boss dei due mondi", catturato in Brasile due anni prima-

Cos'è il "metodo Falcone"?

Quello che la mafia teme e non può accettare è che lo Stato sequestri e confischi la sua "roba". Ed è proprio facendo leva su questo, che io iniziai un'indagine che non aveva precedenti. La nuova normativa permetteva di seguire le tracce lasciate dal denaro acquisito illecitamente e, atto più rivoluzionario, di mettere mano alla documentazione bancaria.

Massimo Balbi